Il Ruolo della Vitamina C, della Vitamina D e della Glutammina nelle Difese Immunitarie

Il sistema immunitario è una complessa rete di cellule, organi e molecole che lavorano insieme per proteggere il corpo da infezioni e malattie. Un’alimentazione equilibrata e ricca di micronutrienti è essenziale per il suo corretto funzionamento. Tra i principali nutrienti che supportano l’immunità, spiccano la vitamina C, la vitamina D e la glutammina. Esaminiamo il loro ruolo nel dettaglio.

Colesterolo, un falso demone? Dopo decenni di disinformazione ecco la verità

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Il colesterolo è una molecola lipidica fondamentale per la fisiologia degli organismi animali e quindi dell’uomo. Tutte le cellule animali sono capaci di produrlo a partire da una molecola chiamata acetilcoenzima A. [read more=”Click here to Read More” less=”Read Less”]colesterolo nutrizione roberti nutrizionista matera

Sono molteplici le funzioni svolte da questa molecola: crescita e divisione cellulare, formazione delle membrane cellulari, scambio di molecole messaggere. E’ anche impiegato nella formazione della guaina mielinica nel sistema nervoso, nella produzione di ormoni sessuali (maschili e femminili), di sali biliari, ormoni surrenali e della vitamina D. E’ inoltre coinvolto nello sviluppo a livello embrionale.

L’organismo umano produce colesterolo (definito endogeno), mentre quello introdotto con la dieta (definito alimentare o esogeno) ne rappresenta una minima quantità. Oltretutto la sua produzione ed assorbimento è finemente regolata: più colesterolo è introdotto, meno ne viene sintetizzato ed assorbito.

Alti livelli di colesterolemia (> 300mg/dl) non sono dunque attribuibili ad un eccessivo consumo alimentare. Il problema potrebbe essere dovuto ad un difetto genetico (dislipidemia) che ne coinvolge l’assorbimento e la produzione endogena.

Colesterolo buono, colesterolo cattivo

Molte volte si sente parlare di ipercolesterolemia riferendosi ad un valore di colesterolo totale superiore al range di normalità. Sarebbe più opportuno distinguere tra buono (HDL) e cattivo (LDL). L’ LDL è infatti in grado di accumularsi all’interno dei vasi sanguigni, favorendo la formazione di placche aterosclerotiche. L’ HDL è invece capace di rimuovere l’LDL, favorendone il “riciclaggio” a livello epatico. Ecco perchè alti valori di HDL sono associati ad un minore rischio cardiovascolare.

Colesterolo totale                          < 200

LDL                                                         < 130

HDL                                                           > 39 (uomini)

                                                                     > 45 (donne)

Il valore del colesterolo HDL è utilizzato per calcolare l’ “indice di rischio desiderabile”: Colesterolo totale/Colesterolo HDL. Questo rapporto dovrebbe essere inferiore a 5 negli uomini ed inferiore a 4,5 nelle donne.

Colesterolo e rischio cardiovascolare

Alcuni studi dimostrano che placche aterosclerotiche possono formarsi anche con livelli normali di colesterolo ematico. In caso di patologie cardiovascolari, livelli di colesterolemia troppo bassi sono associati ad una prognosi peggiore. Allora perchè il colesterolo è sempre associato ad una maggiore incidenza di patologie cardiovascolari e cerebrovascolari? Quasi tutte le ricerche non hanno considerato il fattore sovrappeso. L’aumento di peso è spesso associato ad un aumento di trigliceridi e LDL, ma quest’ultimo non è l’unica causa dei fenomeni aterosclerotici.

Il ruolo dell’alimentazione

Per quanto riguarda l’alimentazione è ormai superato il binomio alimenti ricchi di colesterolo = ipercolesterolemia. E’ certamente più plausibile un aumento a livello ematico  sia causato  di un eccessivo consumo di carboidrati (in particolare raffinati) e di acidi grassi trans. Un recente studio ha inoltre dimostrato come un consumo frequente di uova possa promuovere la quota di HDL a discapito di quello LDL. [/read]

Sclerosi multipla Il ruolo della vitamina D

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La sclerosi multipla (SM) è una patologia infiammatoria, neurodegenerativa e demielinizzante che provoca lesioni a carico del sistema nervoso centrale. Le cause non sono ancora completamente note e ad oggi non c’è possibilità di prevedere il suo decorso clinico. [read more=”Click here to Read More” less=”Read Less”]

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Le cause della sclerosi multipla non sono del tutto note ma sembrano coinvolgere fattori genetici e fattori ambientali che possono scatenare l’abnorme risposta immunitaria diretta contro l guaine mieliniche degli assoni.

La dietetica

L’alimentazione svolge un ruolo importantissimo nelle patologie infiammatorie ed autoimmuni, ma al momento non esistono linee guida per migliorare sensibilmente i sintomi della SM. Restano dunque validi gli accorgimenti utili alla sotto regolazione dei livelli di infiammazione (l’eccessivo introito di grassi animali e di zuccheri semplici è correlato ad una infiammazione post-prandiale). Anche un indice di massa corporea (BMI) > di 25 (= sovrappeso) è correlato ad un maggiore rischio di incidenza della malattia.

Il ruolo della vitamina D.

Tra i fattori che possono avere un ruolo nello sviluppo della patologia, come infezioni virali, avvelenamento da metalli pesanti, il fumo, l’obesità infantile, vi è anche un basso livello ematico di vitamina D. Questo spiegherebbe,da un punto di vista epidemiologico, la maggiore incidenza della SM in popolazioni meno esposte alla luce solare. La vitamina D, infatti, potrebbe avere un ruolo nella neuro immuno-modulazione e quindi nello sviluppo e nel decorso della malattia.

Dati scientifici confermano l’attività pro infiammatoria causata da un accumulo di tessuto adiposo, condizione ideale per l’instaurarsi di patologie autoimmuni.

Conclusioni

Il controllo del peso corporeo (18>BMI>24,9), un corretto piano dietetico antinfiammatorio ed un opportuno introito di vitamina D (supportato da eventuale integrazione, dove necessaria) possono certamente aiutare a prevenire patologie autoimmuni e a risolvere condizioni infiammatorie favorevoli allo sviluppo di condizioni patologiche come la sclerosi multipla. [/read]

Infertilità maschile e grassi saturi Nuove evidenze scientifiche

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L’infertilità maschile è da alcuni decenni correlata alla “sindrome metabolica” (obesità centrale, dislipidemie, resistenza all’insulina, ipertensione arteriosa). Le cause possono trovare spiegazione in fenomeni quali: la lipomatosi scrotale, una maggiore produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) ed uno squilibrio dell’asse neuro-endocrino.[read more=”Click here to Read More” less=”ReadLess”] Tutto questo può essere causa di una peggiore qualità del liquido seminale in termini di minore concentrazione e motilità degli spermatozoi. (Shalaby et al., 2004; Saez Lancellotti et al., 2010; Bobjer et al., 2012; Hagiuda et al., 2014)

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Una dieta ricca di grassi, in particolare grassi saturi, provoca danni ai mitocondri, organelli adibiti alla produzione di energia (ATP) e causa di una minore motilità dei gameti maschili. Questa condizione, nota come astenozoospermia, rappresenta una delle principali cause di infertilità maschile.

In modelli animali, l’assunzione di una dieta ricca di grassi saturi e povera di grassi insaturi (come gli Omega-3) è stata causa delle anomalie metaboliche causa della sindrome metabolica e di una maggiore incidenza di infertilità maschile. Uno studio approfondito ha confermato l’insorgenza di difetti a livello metabolico, sia nella glicolisi che nei processi mitocondriali (Ferramosca et al., 2016).

Restrizione calorica ed integrazione dietetica di acidi grassi della serie Omega-3 possono essere utili a scopo preventivo e terapeutico nel trattamento dell’infertilità maschile. [/read]

Nella tua dieta… mettici anche il sole! La vitamina D

vitamina d Nutrizione Roberti

La vitamina D, o colecalciferolo, è un importantissimo micronutriente adibito, tra le altre funzioni, all’assorbimento di calcio nel nostro organismo. Una sua carenza può essere infatti direttamente correlata a problemi di osteoporosi. Uno dei suoi ruoli è quello di permettere la fissazione del calcio nelle ossa ma è anche coinvolta nella regolazione della proliferazione cellulare e nella funzionalità di organi come occhi, cuore, polmoni. [read more=”Click here to Read More” less=”Read Less”]

Dove la troviamo

Quando si parla di vitamina D si è soliti pensare ad una dieta ricca di alimenti che ne sono ricchi (pesci grassi come salmone e sgombro, latte e prodotti caseari, uova). Eppure molti non sanno che per trasformare la vitamina D nella sua forma attiva (scientificamente definita come 1,25 (OH)2- colecalciferolo detta anche vitamina D3) è indispensabile un’esposizione alla luce solare quantificabile in circa 20-30′ al giorno. Esponendo, in particolare, zone come gambe e braccia, il precursore del prezioso micronutriente viene attivato nella pelle grazie alla radiazione ultravioletta (UVB). La vitamina D, chiamata per questo anche “vitamina del Sole” è attivata in particolare d’estate, creando scorte utili anche nei mesi più freddi e bui.

La situazione oggi 

Oggi la maggior parte della popolazione italiana trascorre intere giornate in luoghi chiusi e questo, inevitabilmente, ha creato una deficienza cronica di vitamina D. Circa il 70% degli italiani è sotto i livelli minimi di questo micronutriente e quindi sottoposti ad un grave rischio di osteoporosi. In caso di carenza può quindi essere utile un’opportuna integrazione da valutare insieme ad un professionista del settore.

Ma di quanta vitamina D abbiamo bisogno?

Il fabbisogno quotidiano varia a seconda dell’età:

  • 400 UI fino al 1° anno di età
  • 600 UI dal 1° anno in poi
  • 1000-1500 UI negli adulti sani
  • 2300 UI negli anziani

(Il fabbisogno può aumentare in particolari condizioni fisio-patologiche)

I suoi intervalli di misurazione

Gli intervalli di misurazione sono i seguenti:

– Carenza: <20 ng/ml (<50 nmol/L)
– Insufficienza: 20-30 ng/ml (50-75 nmol/L)
– Sufficienza: >30 ng/ml (>75 nmol/L)
– Eccesso: >100 ng/ml (>250 nmol/L)
– Intossicazione: >150 ng/ml (>375 nmol/L)

Molto spesso le dosi di vitamina D vengono espresse utilizzando le Unità Internazionali (UI) o i microgrammi secondo la seguente equivalenza:
1 UI = 0,025 mcg
1 mcg di colecalciferolo = 40 U [/read]